testata camel

Metto qui altri due studi di personagg, sono meno riusciti di quelli di Gianluigi Radice, si va avanti per tentativi: la scrittura è anche questo. edit 1 ottobre 12017.

 

Antonio

Antonio ha infilato la chiave nella serratura della porta blindata ma dopo un giro gli si blocca e con tutta la forza che ci mette non riesce a completare la mandata. E’ polveroso, stanco e sudato, ha lavorato anche oggi che è domenica e non vede l’ora di farsi una doccia e di buttarsi sul letto. Fa un passo indietro, prende un respiro e si appoggia con la spalla, scuote la maniglia e intanto prova a girare di nuovo la chiave. Al terzo tentativo finalmente la ferraglia si mette in movimento con stridore meccanico e Antonio può entrare. Toglie le scarpe, attraversa il corridoio e va direttamente in bagno.
La sua casa è silenziosa e vuota. Non ci sono mobili e suppellettili, solo il letto matrimoniale e l’armadio in camera. Le stanze rispondono ai suoi movimenti con il riverbero di un’eco leggera, frutto della suggestione più che della nudità effettiva delle pareti. Il legno meraviglioso dei pavimenti dovrebbe assorbire i rumori. Ha scelto per sé il teak più pregiato e l’ha posato con la precisione e la cura dell’esperienza: è il suo lavoro, una forma d’arte oggi svilita dalla massificazione della produzione industriale. Ormai non se ne preoccupa nemmeno più, fa come gli chiedono, presto e bene. Lavora fino a tardi, anche il sabato e la domenica se capita. Non gli importa molto del tempo e dei soldi: dell’uno ne ha fin troppo e gli altri non li vede quasi passare. Ha messo la testa a posto. Gli è rimasto solo qualche vecchio debito che risale a un tempo in cui si divertiva a trascorrere le nottate con un mazzetto di carte in mano. Adesso le nottate le trascorre in attesa di una telefonata, dormire non ha mai dormito molto.
Questa sera però gli ha promesso che verrà e la aspetta mentre si insapona le ascelle, mentre sceglie la camicia da indossare, mentre inserisce Rimmel nello stereo appoggiato per terra vicino al letto. Questa sera non le farà la solita richiesta che sfocia sempre in una discussione, vuole provare a godersi il momento così come viene, sperando che prima o poi si decida spontaneamente. La casa è pronta, lui è pronto e per quanto non riesca a capire quali problemi la trattengano, questa sera si sente che qualcosa sta per succedere. E’ un nodo nel petto all’altezza dello sterno. E’ il battito del cuore che si fa materiale, quasi visibile nella gola. E’ quella vibrazione che viene da una mano vincente.

Giulio

Giulio ha staccato il guinzaglio dal chiodo e Zorro si è messo davanti alla porta, in posizione di “seduto”, la coda a spazzare il pavimento. L’uomo si attarda nei preparativi, prende una giacca dall’attaccapanni, il portafoglio dal mobiletto del telefono nell’ingresso. Il cane lo segue con lo sguardo, non gli stacca gli occhi di dosso.
“Esco” dice Giulio a voce alta. Nessuno risponde.
Per strada camminano affiancati, Zorro non ha bisogno del guinzaglio ma ormai fa parte del rituale. Giulio sta pensando che suo fratello è uno stronzo e un giorno di questi gli dovrà fare un discorsetto. Gli dirà che se vuole stare in quella casa dovrà cominciare a fare la sua parte, che le birre non ci entrano da sole nel frigo, come i vestiti nella lavatrice e le bucce di banana nella pattumiera. Che lui è stufo di fare la balia a un bamboccione opportunista indolente e maleducato. Si ferma per accendersi una sigaretta, le mani a coppa per proteggere il fiammifero e si dice che no, non dirà bamboccione, una stupida parola di moda. Dirà invece stronzo, che è proprio la parola giusta per definire quello che è. Gli dirà che non è suo padre, e meno male che è morto e non può vedere come si è ridotto. Gli dirà che non è nemmeno sua madre, povera donna, e meno male che anche lei non si rende conto più di niente, lei che è viva per modo di dire. Pensa queste cose con tale intensità che gli si muove la gola come se parlasse. E gesticola come se mettesse i punti alle frasi.
Sono arrivati al semaforo di viale Lunigiana, Giulio si ferma e Zorro gli sta al piede. L’aria è tiepida, passano poche auto. Per abitudine fa un giro intorno al chiosco dei giornali, controlla che sia tutto a posto, che il lucchetto sia ben chiuso. Zorro annusa la base dei paletti anti parcheggio, piscia sui i tronchi dei due vecchi ippocastani nell’aiuola sul retro. Poi attraversano verso via Zuretti.
E da oggi in poi, pensa ancora Giulio, da oggi mi dai metà delle spese: affitto, luce, gas, mangiare, bere. Soprattutto bere. Serra le mascelle e stringe i pugni nelle tasche della giacca. Oppure te ne vai fuori dai coglioni.

Commenti al Post:

Due piccoli pezzi che non sono piaciuti a nessuno

illegalefancazzista il 01/04/10 alle 12:32 via WEB
credo vi sia un errore... non si costruisce mai prima... semmai assieme...

LaDonnaCamel il 01/04/10 alle 18:18 via WEB
Certo, hai ragione: è così che spesso nascono i racconti, da un errore...

Sylvia.P il 07/04/10 alle 12:53 via WEB
molto carino, complimenti :-)

LaDonnaCamel il 07/04/10 alle 17:30 via WEB
Grazie! :-)

 

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