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L'amica geniale

Ho fatto notte per finire questo primo volume della trilogia dell'amica geniale, non sapevo nulla di Elena Ferrante e, grazie a dio, continuo a non saperne nulla.

Mi ha chiamata da un banco di Feltrinelli un giorno in cui non avevo niente da fare. Ho risposto leggendone tre o quattro pagine lì, in piedi, con lo zainetto sulle spalle, bilanciandomi su una gamba e poi sull'altra, per quanto la copertina mi sia sembrata bruttissima. Poi l'ho preso e l'ho fatto fuori. Ma chi è Elena Ferrante, mi sono chiesta.

 

Questo libro contiene la capacità di convincere e poi smentire e convincere del contrario e vorrei saperlo fare anche io. Il punto di vista della protagonista confronta in continuazione la sua visione delle cose con l'impatto che ha su di lei la realtà delle cose stesse, questa realtà incarnata dalla sua amica imprevedibile e affascinante e cattiva, brutta e bella e sempre sopra le righe. La sua formazione avviene in un percorso a zig zag, aggiustando continuamente il tiro, cambiando prospettiva, illudendosi, disilludendosi, misurandosi, vincendo e perdendo molto, come tutti si sa, ma raccontata in modo così nitido e profondo da far venire le vertigini.

Ma chi diavolo è Elena Ferrante, mi domando ancora, dopo aver passato due giorni e una notte in sua compagnia. Googlo un po' e scopro che ha pubblicato sei romanzi in vent'anni, riuscendo a mantenere privata la sua identità per tutto questo tempo. Ma ci pensi? Non nell'ottocento dickensiano, adesso, nell'era dei selfie e di facebook, dove apparire conta più che esistere. Dove agli autori, anche bravi, è richiesto di curare personalmente il proprio profilo pubblico, il contatto con i fan, rispondere ai commenti, girare nelle librerie, mostrarsi alle presentazioni, firmare copie. Dove non è scrivere ma pubblicare, farsi vedere. Esserci.

Tra le altre informazioni, premi, film, critiche e recensioni, ho trovato questa intervista, mi sembra che valga la pena:

http://lettura.corriere.it/news/ferrante-felice-di-non-esserci/

Soprattutto questa domanda, a cui potrei dare la stessa risposta, parola per parola:

Quanto c’è di autobiografico nella storia di Elena?

Se per autobiografia intende attingere alla propria esperienza per nutrire una storia di invenzione, quasi tutto. Se invece mi sta chiedendo se racconto le mie personalissime vicende, niente.

Storia del nuovo cognome

Storia del nuovo cognome

Ho letto in un baleno anche il secondo volume, una cinquecentina di pagine, e mantengo lo stesso giudizio, sebbene con meno stupore.

C'è uno iato tra le vicissitudini del plot, che si potrebbe definire come il classico romanzo d'appendice dai toni sentimentali, avvincente, ricco di colpi di scena e incentrato sulle vicende di varie famiglie appartenenti alla stessa comunità, il "rione", e la scrittura che invece è moderna, con una linea temporale frastagliata, ricorsiva, torna sugli stessi episodi, si contraddice, ne capovolge il senso, smentisce le agnizioni, smentisce le smentite.

Mi sono fatta un'altra notte bianca a adesso ho le occhiaie nere come un panda.

Edit 2018: il fatto che oggi si sappia il nome vero di Elena Ferrante è per me un fatto di nessuna rilevanaza, confermo quanto detto sopra, anche se ho trovato affascinante il modo in cui Claudio Gatti, giornalista d'inchiesta del Ilsole24ore, abbia scoperto l'identità segreta dell'autrice.

 

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"Scrivere è il mio gioco preferito" il mio motto è piaciuto anche all'amica Freevolah che l'ha interpretato così su Instagram.

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