testata camel

Nei prossimi due mesi ci andrò spesso e volentieri, non è una novità: o devo insegnare o devo preoccuparmi della preparazione dei corsi per le organizzazioni non profit: ci tengo che tutto fili liscio, apposta vado là molto presto, metto in fila le sedie, preparo il proiettore e sistemo tutte le cose nel migliore dei modi. Poi quello che insegniamo va bene anche per le aziende e i professionisti, le dritte sulla comunicazione che offriamo si posso applicare in tanti modi, se sai farne tesoro.

martedi vado ancora a monza

Comincio a sentirmi a casa al centro LibertHub, è una sensazione piacevole e mette al riparo dall’agitazione da imprevisti. Alla fine di questa avventura mi sentirò come una di Monza anche io, che non mi sono mai allontanata dal mio isolato. Sono una milanese imbruttita ma non mi dispiacerebbe essere di Monza. Ci può essere chi si millanta monzese, ci crederesti? Era un mio amico di tanti anni fa, purtroppo è morto giovane ma me lo ricordo come fosse ieri: lui era di Cusano Milanino ma quando andavamo in giro per il mondo, e l’abbiamo fatto tante volte in comitiva, in macchina o in barca a vela, se qualcuno gli chiedeva da dove venisse lui diceva sempre che era di Monza.
"Ma come di Monza? ma allora già che ci sei perché non dici Milano?"
“Eh, ma chi se lo fila Milano? le ragazze in Inghilterra manco lo sanno che esiste Milano", diceva lui guardando laggiù con gli occhi stretti, come se potesse inseguire un ricordo lontano ma dolce.
“Ma dai, Milano è famosissima!", mi inalberavo, ma come era possibile che non fosse conosciuta in tutto il mondo! Il duomo, il panettone!
Eppure aveva ragione lui.
Stiamo parlando degli anni settanta, quando andava a imparare le lingue in qualche college della provincia inglese, l’Europa era ancora in costruzione e mai nessuno sospettava che questi avrebbero voluto uscirne. Le ragazze inglesi erano affascinate da lui anche solo perché era italiano, ma quando diceva Monza, con la zeta sonora come uno zoccolo sibilante, gli buttavano le braccia al collo!
“Oh, Monza! Really? Jackie Stewart, Fitipaldi, Regazzoni?" detto con la erre arrotolata come fanno loro e le zeta zetate.
“li ho visti, li conosco, sono tutti amici miei! Si vantava. La formula uno a quei tempi aveva ancora il suo fascino e Monza, oh Monza aveva qualcosa in più.
Hai capito il mio amico?
Riusciva a convincerle che a Monza i piloti stavano tutto il tempo a correre per strada, che i box erano quelli delle case, che le macchine di formula uno erano parcheggiate vicino al marciapiede e nei tavolini dei bar potevi sederti a bere un Martini con Niki Lauda, un giovincello promettente ma ancora sconosciuto.
Così il mio amico faceva conquiste, gli riusciva bene perché ci credeva anche lui, si immedesimava. Se gli girava faceva finta di parlare come un arabo alla stazione di Belgrado, e gli credevano tutti, tranne gli arabi, ovviamente.
Aveva una vera passione per la formula uno, non si poteva fare una gita quando era la stagione dei gran premi, doveva vedere tutto in diretta se no stava male.
Non so come avevamo fatto a convincerlo quella volta che eravamo andati alla Capraia in macchina. Per una volta in albergo invece che in barca, ma era fuori stagione, c’erano dei pescatori provetti nella compagnia, forse era per questo. Nella notte in cima al molo avevano pescato un grongo, il mio amico aveva voluto toccarlo e si era beccato un morso che gli aveva staccato un polpastrello.
Posso dire la data esatta di quella gita, era l’8 maggio del 1982, non perché io abbia buona memoria ma perché quella sera successe una cosa memorabile, non bella ma brutta, una cosa che non si può dimenticare.
Nel nostro albergo c’era la televisione in sala, ma prendeva solo il primo canale e le corse le facevano vedere sul due. Niente da fare, non era riuscito a sintonizzarlo: ce lo sognavamo noi un mondo come quello che abbiamo adesso, con tutto a portata di dito in qualsiasi momento, in diretta o in differita.
A Capraia il telefono funzionava quando voleva lui e se c’era il mare mosso non arrivavano nemmeno i giornali.
Ma quella volta non c’era il mare mosso e con l’ultimo traghetto della sera erano arrivate delle persone. Il mio amico gli era andato incontro sul molo e aveva attaccato subito bottone, aveva chiesto se qualcuno, per caso, avesse visto come era andato il gran premio. Non era Monza, quella volta.
“Male, per le Ferrari è andata male, mi pare che è morto uno, un certo Villa o Ville qualchecosa”
Si era messo a piangere a dirotto, con le lacrime e i singhiozzi, il mio amico di Cusano Milanino.
Se esiste l’inferno e il paradiso magari si sono incontrati in qualche posto laggiù, chissà se gli ha detto che era di Monza. Se l’ha fatto, son sicura che Gilles ha fatto finta di credergli, lui a Monza c’era stato di sicuro.

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