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La trilogia di Monza è venuta fuori quasi senza volerlo, è normale per chi scrive farsi influenzare dalle cose che succedono tutti i giorni, per esempio andare a Monza due volte la settimana dopo un po’ diventa un fatto preponderante nei pensieri, parole e opere e si arriva a mettere insieme un bel po’ di materiale di cui sono fatti i sogni, insomma capita di sognarselo anche di notte. 

monza 16 aprile come raccontare storie

L’ultima volta è stata quella del mio corso “Come trovare le parole per raccontarsi” da cui è tratta la diapositiva qui sopra con il consenso verbale ma non scritto degli astanti.
In questo corso mi sono posta come obiettivo quello di fornire qualche strumento di analisi dei materiali che chiunque può avere a disposizione per imparare a tirar fuori qualcosa di significativo dal suo progetto, dalla sua organizzazione o anche da se stesso come singolo professionista. 

 

Monza è casa mia: come trovare le parole per raccontarsi

Ho provato a smontare le narrazioni per vedere come sono fatte dentro, quali sono i pezzi indispensabili e quelli accessori, le loro funzioni, gli effetti che generano. Si tratta di un lavoro di analisi più che di scrittura creativa, se vuoi puoi provare anche tu, ti potrà servire per trovare la tua storia da raccontare. 
La tua storia ti aiuta a mettere a fuoco e preparare i contenuti che andrai a mettere dentro la tua comunicazione.
La scelta dei mezzi, o media, arriva dopo: puoi essere una fondazione grande e ricca con molte risorse o una piccola associazione locale, nel primo caso puoi far fare un spot in televisione per costruire un intero reparto di un ospedale, nel secondo caso magari solo una mail per invitare gli amici a una camminata per raccogliere i mozziconi dalle vie del quartiere: in tutti e due i casi dovrai trovare il modo di raccontare una storia per convincere le persone ad aiutarti a raggiungere i tuoi obiettivi.
Una volta che hai trovato la tua storia e l’hai resa esplicita, potrai utilizzarla come linea guida per tutte le fasi della tua comunicazione. Un po’ come il logo e il motto del progetto: li metti dappertutto dove è necessario.
Non pensare che raccontare storie serva solo a chi deve impostare una campagna pubblicitaria con spot televisivi e budget a sei zeri. Il video di una pubblicità è l’espressione più esplicita di un lavoro di ripensamento di tutta l'immagine della azienda o organizzazione, ma quello che sostiene tutto quanto e rende memorabile la comunicazione è l’idea che la rende significativa.
Per fortuna nella maggior parte dei casi già esiste una qualche forma rudimentale di story telling inconsapevole o istintiva, si tratta solo di analizzarla, ricentrarla sugli obiettivi e perfezionarla.

Come analizzare la comunicazione del mondo per rendere la tua più efficace

trovare le parole per raccontarsiNel recepire un messaggio di ogni genere, per esempio una pubblicità, una pagina web, una DEM, un post di un social, l’attenzione del destinatario è attratta per prima cosa dai colori e dalle forme, dalla veste grafica diciamo, che è la parte più superficiale del messaggio: la glassa sulla torta.
Nella comunicazione la forma è sostanza e la scelta dei colori orienta e anticipa in qualche modo il contenuto del messaggio. La fruizione degli spazi e dei colori è istantanea e istintiva, non ragionata, e dura una frazione di secondo. Risponde alla domanda: come ti sembra?
Il secondo livello che arriva a chi ti ascolta è la trama così come si presenta, i fatti, il plot di un racconto. Risponde alla domanda: di cosa parla?
Il terzo livello è quello metaforico, simbolico, si tratta del significato: cosa vogliono dire questi fatti? Cosa rappresentano?  
L’ultimo strato, quello su cui si poggia tutta la torta, è quello dei valori: perché mi vuoi raccontare questa storia?  A che serve? dove vuoi andare a parare?
Questo è il percorso che, più o meno consapevolmente, chi fruisce la comunicazione viene invitato a compiere. Alcuni passaggi possono anche essere in parte o del tutto inconsci: è qui che funzionano meglio.
Come il pasticcere, anche il narratore posa i suoi strati nell’ordine opposto, a partire dalla base di pastafrolla, che è di gran lunga la parte più importante: questi sono i valori!

Stai attento mio lettore perché questo è il punto cruciale, il momento fatidico.
Se fai qualche ricerca nel web potrai trovare facilmente chi ti dirà come scrivere testi ottimizzati per i motori di ricerca per farti apparire primo su google, la famosa seo copy. Ti diranno: abbonda con le parole chiave, scrivi testi di ventimila parole fino a costruire un altissimo content pillar, mettici i link interni e i nomi con le keyword nelle immagini, prima di cominciare fai la keyword research, stabilisci le call to action che poi sono i bottoni, progetta il funnel del marketing che poi è l’imbuto con lo scivolo, datti al marketing narrativo: lo storytelling management che crea una trance narrativa di ascolto o meglio ancora al neuromarketing che sembra una brutta malattia ma è solo un modo più furbo di vendere, ti diranno di fare tante cose moderne ma nessuno, nemmeno Aranzulla, ti dice come trovare qualcosa di significativo per rappresentare il tuo progetto.
Io invece ti dico: cerca i valori su cui appoggiare tutta la tua comunicazione. Prima ancora di cominciare. È la parte più difficile del lavoro perché devi comprendere bene perché vuoi comunicare proprio queste cose e cosa vuoi dire. Dove vuoi portare i tuoi piccoli lettori? Qual è la morale della tua favola? 
In questa fase è importante porsi le domande giuste.
Se la pasta frolla su cui poggia la tua torta non è abbastanza forte e stabile, gli strati franeranno gli uni sugli altri man mano che li vai ad aggiungere. La decorazione sulla glassa potrà anche essere artistica ma se la base è storta la torta non sarà credibile.
Puoi ingaggiare anche Baricco perché scriva la tua storia ma se non hai ben chiaro i tuoi obiettivi e come raggiungerli, la storia bellissima sarà una spesa e non un investimento.

Bisogna comprendere i fatti per poterli raccontare

  • Parti da un’analisi completa sugli obiettivi della tua comunicazione
  • Ma prima ancora, identifica con chiarezza gli obiettivi e la mission della tua organizzazione
  • Esplicita i valori che vuoi trasmettere
  • Pianifica un intervallo di tempo ragionevole per il raggiungimento degli obiettivi,
  • Considera i mezzi che puoi utilizzare, le tappe e i traguardi intermedi

Quando hai ben chiari i valori di base che vuoi rappresentare tutto il resto va via liscio, si tratta solo organizzare la farcitura al cioccolato, la metafora che serve a rappresentarla. 
Trovare la trama giusta, la parabola più efficace per i tuoi discepoli, le azioni da far compiere ai tuoi personaggi per far capire quello che vuoi trasmettere. 
E infine la glassa di copertura: decidere come colorarli, vale a dire che stile gli devi dare, che colori devi mettere nella tua glassa, raffinati o popolani, ingenui o saputelli, tristi, allegri, ironici, sarcastici, sboccati, sgrammaticati. 

A questo punto della lezione tiro fuori una diapositiva con la foto di Raymond Carver: è perché voglio parlare dello show don’t tell: mostrami cosa vuoi dire e non fare lo spiegone!

Se io dico: amici, nella trattoria tal dei tali si mangia benissimo e si spende poco, la mia comunicazione può avere una certa efficacia, dipende dal mio ruolo di influencer rispetto ai destinatari della mia comunicazione, in ogni caso il concetto di “mangiare benissimo” rimane abbastanza vago e indistinto, quantomeno opinabile.
Tu lo prenderesti per buono? E se non mi conoscessi, lo prenderesti ancora per buono?
Ma se io ti dico: nella trattoria tal dei tali c’è una coda di venti autotreni parcheggiati fuori, tutti i giorni, ho mostrato un fatto che è anche una prova, da tutti riconosciuta, che in quella trattoria si mangia benissimo, senza nemmeno parlare della bontà del cibo servito.
Quale delle due modalità di comunicazione sarà più efficace? E perché è efficace?
Perché sembra vera. Chiunque può immedesimarsi e se nella storia riusciamo a mettere qualcosa in cui il lettore si possa riconoscere gli offriamo la possibilità di immedesimarsi. Questa è la condizione necessaria perché possa avvenire la sospensione dell’incredulità. Ma perché un dovrebbe sospendere “volontariamente” l’incredulità? Se riesci a comprendere come funziona questo meccanismo ottieni la chiave che apre tutte le porte meglio ancora dell’anello di re Salomone. Vuoi saperlo? Te lo dico io.

Perché leggere una buona storia e crederci genera una forma di piacere. Se abitualmente leggi, lo sai.

Se siamo riusciti a creare una buona situazione di immedesimazione e quindi la sospensione dell’incredulità ha funzionato, il nostro messaggio acquista una efficacia molto più potente.
Poi ho parlato anche di altre tre cose importanti: l’empatia, la retorica, i cinque sensi.

  1. Per empatia si intende la capacità di porsi nella situazione di un’altra persona
    o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro. L’empatia è un sentimento fondamentale per le organizzazioni del terzo settore, in cui spesso si chiede di donare qualcosa: tempo, oggetti, denaro, attenzione, a favore di qualcuno che ne ha bisogno.
  2. La narrativa deve fare i conti con la retorica,
    sia per conoscerne la potenza strutturale sia per valutare l’uso e gli effetti delle figure retoriche, perché non dimenticare che la retorica è l’arte della persuasione.
    Non occorre conoscere i nomi di tutti gli artifici che stanno dietro le figure retoriche: su Wikipedia ce ne sono classificate 174 e in certi casi le differenze tra una e l’altra sono sfumature. Il più delle volte però riconosciamo senza problemi il funzionamento del meccanismo che tende a mettere una cosa al posto di un’altra e si basa su un serbatoio di conoscenze comuni per la decodifica. Infatti i bambini, gli ignoranti e gli stranieri a volte non capiscono il significato di certe figure retoriche e questi malintesi sono alla base delle barzellette infantili. Del resto i giochi di parole, i doppi sensi, le rime, le battute, funzionano un po’ come le figure retoriche portate alle estreme conseguenze perché una delle parti in gioco rimane inconscia ma fa ugualmente il suo effetto. Per questo certi slogan che contengono un doppio senso, non necessariamente volgare, funzionano e vengono ricordati più facilmente.
  3. I sensi sono l’interfaccia tra noi e il mondo esterno
    Ma cosa te lo dico a fare, se mi segui da un po’ lo sai che con questo blog prima del trasloco abbiamo fatto esercizi bellissimi sui cinque sensi che sono diventati un libro vero, e se non c’eri o non lo sai o sei appena arrivato puoi andare a vedere: il libro che si chiama Quaderno degli EDS è ancora ordinabile

    Si parlava già a quei tempi dei sensi perché
  • I colori rendono vivida la narrazione
  • Gli odori la rendono realistica
  • Le esperienze tattili la rendono originale
  • Le musiche la accompagnano
  • I sapori la rendono efficace

Qui mi fermo perché ho già scritto 1798 parole e non vorrei farti addormentare. Magari quando mi viene voglia ci scrivo ancora sopra ma adesso mi preparo perché sabato vado ancora a Monza.

 

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