Stamattina sono andata in posta per fare una raccomandata. Ho preso il numeretto, P020, e ho guardato sul tabellone: c’era il P001 e dentro l’ufficio postale tre o quattro persone in tutto.
Non capivo.
Poi si è scoperto che la macchinetta che dava i numeri stava dando i numeri e per le raccomandate occorreva fare una coda tradizionale allo sportello numero uno mentre per gli altri servizi valeva la distribuzione del tabellone, che infatti rollava numeri casuali accompagnandosi con il tipico bip.
Mentre aspettavo il mio turno mi dicevo che nella letteratura stra post ultra moderna non è più decisivo il nuovo, nell’espressione formale e nei contenuti e nella struttura destrutturata, ormai sticazzi del nuovo, quello che conta davvero oggi è il senso.
Scusami se sono perentoria, è sottinteso che la roba che ho scritto scaturisce da un mio dibattito mistico che non riporterò qui per intero, a morte l’artificio stilistico, vado diretta alle conclusioni: basta con gli ossimori arditi e le capriole sintattiche che restituiscono una suggestione superficiale come una finta spiaggia ligure, due dita di sabbia riportata sul cemento armato, a grattare un po’ sotto cosa c’è?
La vera modernità strapostultrà sta nella profondità di senso che trovo nella prosa classica di Alice Munro, per esempio, una profondità che da le vertigini e hai paura di guardarci dentro, hai paura di diventare di sale, hai paura di essere tu.
Bip.
Tocca a me.
(grazie a una segnalazione appena ricevuta dal mio consigliere letterario preferito ti posso regalare la lettura di un racconto intero di Alice Munro, per esempio, apparso su Repubblica il 12 agosto 2006: è gratis, è qui, perché non approfittarne?) E soprattutto, il link è ancora valido! edit 1 settembre 2017
Commenti al Post: Strapostultramoderno - Critica letteraria
Anonimo il 02/10/08 alle 13:48 via WEB
Sa che le dico: concordo. bobboti
LaDonnaCamel il 02/10/08 alle 15:22 via WEB
Sa che le rispondo: grazie a lei.
illegalefancazzista il 03/10/08 alle 18:27 via WEB
è come quando fissi l'abito di un non più tanto giovane collega, vedi le spalline che non si reggono su, le cuciture mal fatte, le forme ampie, e lui ti dice "è un abito destrutturato" p.s.: ho approfittato della follia
LaDonnaCamel il 03/10/08 alle 23:00 via WEB
hai fatto bene ad approfittare, mi fai felice và!
molinaro il 04/10/08 alle 21:08 via WEB
Mi sono stampato il racconto della Munro e stasera me lo leggo. Tredici pagine fitte, era troppo per leggerlo a video. Su quello che dici sono sostanzialmente d'accordo. Anche se le stratificazioni dei sensi non sono mai del tutto chiare, e l'infinito può nascondersi anche in due dita di sabbia riportate sul cemento. Quelli che non sopporto sono quelli che con la letteratura giocherellano annoiati, o per far soldi, e ti accorgi che sono falsi: il loro è un prodotto industriale, fatto per ingannare e non per svelare. Chi è vero, autentico nello scrivere, le parole le cava dalla propria vita con gioia e dolore, disperazione ed entusiasmo: non fa "un lavoro come un altro" alla macchina da scrivere, pardòn al computer. E un lettore sensibile la differenza la nota subito. Ciao!
Anonimo il 08/10/08 alle 23:57 via WEB
Ehi, mi sento una deficiente io durante le file alla posta:-)) Comunque copiato in word il racconto della Munroe di cui ho già letto la metà. Ma meglio continuare su carta. Grazie della segnalazione e grazie grazie del passaggio via tumbrl (non sapevo di esserci!) e del commento, che mi ha fatto davvero tantissimo piacere.
Anonimo il 08/10/08 alle 23:58 via WEB
oddio, scusa, non mi sono firmata, sono Triana
LaDonnaCamel il 09/10/08 alle 09:28 via WEB
Riconfermo: bellissima, e linko per i miei ospiti: http://triana.splinder.com/post/18640838#comment
Tapiroulant il 06/11/08 alle 19:46 via WEB
Ma infatti, da questo punto di vista, la letteratura moderna riconosciuta come 'di livello' è stilisticamente austera. Sono i finiti anche i tempi di Queneau e dell'Oulipo...
Anonimo il 06/11/08 alle 20:54 via WEB
Austera! E' vero :)